Di seguito, un resoconto di Benedetto Ponti in merito all’iniziativa sul blocco stipendiale.
Il cd. “blocco” degli incrementi degli stipendi per tutto il comparto dell’impiego pubblico ha determinato un pregiudizio economico particolarmente grave per tutti i ricercatori a tempo indeterminato assunti successivamente al varo del blocco stesso (per effetto del dl 31 maggio 2010, n. 78). Infatti, a legislazione vigente, i ricercatori a tempo indeterminato hanno uno stipendio mensile di ingresso nel ruolo (per tutto il primo anno) corrispondente a euro 1.334,16 (al lordo di eventuali integrazioni per assegni familiari, figli a carico, etc.), che dal secondo anno sale a quota 1.646,25 (e poi 1.667,97 al terzo) per effetto dell’adeguamento introdotto dalla l. 43/2005, la quale sancisce che “dopo il primo anno di effettivo servizio e fino al giudizio di conferma, il trattamento economico dei ricercatori universitari è pari al 70 per cento di quello previsto per il professore universitario di seconda fascia a tempo pieno di pari anzianità”. Il blocco della retribuzione per tutto il periodo 2011-2013 al livello stipendiale di ingresso comporta, in questo modo, un taglio di circa il 25% della retribuzione totale, ciò che risulta particolarmente penalizzate, perché un taglio così rilevante della retribuzione (che per dimensione percentuale – il 25% della retribuzione – non ha paragone alcuno con nessun’altra componente dell’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) colpisce un trattamento stipendiale già estremamente basso, sia in termini assoluti, sia se paragonato alle analoghe posizioni nel resto d’Europa.
Rispetto a questo dato di fatto, il gruppo dei ricercatori RUNC si è mosso in due direzioni:
a) a legislazione vigente, il gruppo ha cercato di fare pressione sia a livello di Atenei, sia a livello centrale (parlamento, governo, singoli ministeri) per sostenere la tesi (tutt’altro che peregrina, anzi a parere di molti del tutto fondata) che il blocco non dovesse applicarsi allo “scatto” retributivo tra il primo ed il secondo anno, dal momento che tale “scatto” sarebbe la conseguenza di un “evento straordinario della dinamica retributiva” (il citato adeguamento previsto dalla l. 43/2005), e come tale sottratto al blocco, in base alla deroga prevista dallo stesso d.l. 78/2010 (cfr. art. 9, comma 1). A questo riguardo, ad apposita interpellanza urgente presentata dal deputato Salvatore Vassallo, l’allora sottosegretario Pizza ha risposto in senso negativo (diversamente da quanto fatto in precedenza ad analoga interpellanza relativa al blocco degli avanzamenti retributivi conseguenti alla conferma in ruolo dei ricercatori e professori universitari); tuttavia tale risposta ha scarso rilievo, sia perché non costituisce atto vincolante per gli atenei, sia perché – nel merito – il sottosegretario non ha effettivamente risposto al quesito (“si applica la deroga al passaggio al secondo anno dei RUNC?”) ma ha semplicemente dichiarato che il problema e’ destinato ad essere superato dall’emanazione del decreto attuativo di revisione degli stipendi dei ricercatori non confermati già dal primo anno di attività (v. sotto). Gli atenei, d’altra parte, si stanno quasi tutti orientando verso l’interpretazione più restrittiva (applicazione del blocco al passaggio dal primo al secondo anno), a tacer d’altro anche semplicemente per mere ragioni di bilancio (così facendo, risparmiano qualche risorsa). Tuttavia, alcuni atenei (da ultimo, Roma Tre) NON stanno applicando il blocco, il che significa che effettivamente esiste lo spazio giuridico per una interpretazione meno restrittiva ed a noi più favorevole. Ciò apre lo spazio e la prospettiva anche per eventuali ricorsi in sede amministrativa e giurisdizionale (qualora la soluzione normativa di cui al punto successivo non andasse in porto, o non risultasse pienamente soddisfacente).
b) la legge Gelmini (240/2010) espressamente prevede che, ai fini della valorizzazione della figura dei ricercatori (art. 5, comma 1, lett. a)) il governo è delegato ad adottare un decreto legislativo volto alla “revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività, nel rispetto del limite di spesa di cui all’articolo 29, comma 22, primo periodo.” (art. 5, comma 3, lett. g)). Dunque, la legge Gelmini prevede che il governo, con decreto legislativo (atto che, per inciso, è equiparato alla legge), intervenga a rivedere il trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato anche con riferimento al primo anno di attività. Il decreto legislativo è stato già varato dal governo sotto forma di schema (Atto governo n. 396), per essere rimesso al prescritto parere delle camere. Il parere delle camere non è vincolante, ed inoltre decorsi 60 gg. il governo può procedere comunque all’emanazione del decreto legislativo. Tale termine di 60 gg. è scaduto lo scorso 5 novembre. Pertanto, in qualunque momento il governo (anche quello nuovo) può procedere alla definitiva approvazione del decreto in questione.
Lo schema di decreto legislativo, per quanto ci riguarda, prevede:
“ Art. 15. (Valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati)
1. Ai ricercatori universitari a tempo indeterminato è riconosciuto, fin dal primo anno di effettivo servizio, il trattamento economico di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31 marzo 2005, n. 43.
2. All’onere derivante dall’applicazione del comma 1 si provvede per l’anno 2011, ai sensi dell’articolo 29, comma 22, primo periodo, della legge 30 dicembre 2010, n. 240. ”
La definitiva approvazione del decreto, in questa formulazione, comporterebbe sicuramente che dal momento successivo alla sua entrata in vigore tutti i RUNC che attualmente hanno uno stipendio al di sotto della soglia di euro 1.646,25 (perché ancora nel primo anno di servizio al momento di entrata in vigore del decreto, oppure perché soggetti al blocco dello scatto del secondo anno) avrebbero diritto alla corresponsione (di lì in poi) di una retribuzione mensile pari, appunto, a euro 1.646,25. Infatti, la previsione comporta l’adeguamento a tale livello retributivo fin dal primo anno di servizio (quindi, dal primo mese di servizio del primo anno); inoltre, essendo una previsione con forza di legge, essa prevarrebbe (in quanto posteriore) alla disposizione che dispone il blocco (che è precedente).
Non è chiaro, invece, data la formulazione della disposizione, se l’adeguamento ivi previsto debba avere anche efficacia retroattiva e (se si) entro quale arco temporale. Infatti, dal momento che la disposizione del secondo comma individua le risorse per fare fronte all’onere finanziario determinato dall’adeguamento in relazione all’anno 2011, si dovrebbe ritenere che l’adeguamento riguarderebbe anche le mensilità relative al primo anno di servizio maturate nel corso del 2011. Tuttavia, ciò finirebbe per determinare una disparità di trattamento per coloro che, essendo stati assunti nel corso del 2010, avessero maturato alcune mensilità del primo anno di servizio nel corso del 2010 (apparentemente non coperte – quantomeno in termini finanziari – dalla previsione in questione). Di tali incertezze e della necessità degli opportuni chiarimenti sono stati informati, in vario modo, diversi componenti delle commissioni parlamentari competenti.
E’ comunque prioritario che il governo proceda quanto prima alla approvazione definitiva del decreto legge in questione, così da scongiurare quantomeno il prolungarsi degli effetti deleteri del blocco delle retribuzioni per i ricercatori universitari neo-assunti, possibilmente con i correttivi che chiariscano le perplessità evidenziate in ordine alla retroattività e all’estensione dell’effetto retroattivo dell’adeguamento retributivo.